In pensiero 6
Chi racconta chi?
Arti e linguaggi del presente
2010, € 10
Formato 16x24, pp. 148
In offerta con il 5% di sconto
Concluso il ciclo dedicato alle cosmogonie contemporanee, In pensiero affronta ora la domanda preliminare di qualsiasi riflessione sul racconto: chi è oggi il soggetto attivo del raccontare, chi diviene spazio, misura, teatro del racconto, chi è che suo malgrado viene raccontato? Emergono ancora un corpo e una voce che raccontano, o che sono raccontati, o a raccontare e a essere raccontati sono solo i numeri, i dati, le istruzioni di un eterno e inesauribile algoritmo? Le risposte sono, come sempre, molteplici e contraddittorie, come è inevitabile con un fenomeno complesso e frastagliato come raccontare ed essere raccontati.
Nel dvd un documentario sulla dittatura birmana, Happy world, un'improvvisazione poetica del famoso repentista cubano Alexis Diáz Pimienta, le colonne sonore di Lorenzo Catellarin, le canzoni di Miro Sassolini SMS, e l'intero album del duo Stefano Bembi - Alessandro Simonetto Est est est, un viaggio in musica attraverso le tradizioni popolari dell'Europa dell'est.
Nel volume i racconti murali di Cyop&Kaf, i dipinti di Simone Gaiacopi, un inedito fotoreportage di Francesco Pierri e Clara Mauricio sui volti delle riforme agrarie, il connubio tra foto e poesia nella Cosmogonia domestica di Giulio Marzaioli, un vibrante saggio di Lello Voce sul fecondo rapporto tra poesia e musica, una conversazione sul mestiere di narrare con tre scrittori latinoamericani, Andrés Burgos, Jacinta Escudos, Ulises Juárez Polanco, una cronaca giornalistica sul debutto di una attrice porno di Sinar Alvarado, le poesie narrative diGiuseppe Nava, i racconti di Mary Barbara Tolusso e Andrea Epifanio.
Ascolta 3 Balkan 1-Misirlou di Stefano Bembi e Alessandro Simonetto
Leggi L'Editoriale di Gianmaria Nerli
Il nuovo numero di in pensiero viene al mondo, è proprio il caso di dire, con qualche novità, prima tra tutte il sottotitolo, arti e linguaggi che sperimentano il presente, che vuole rendere omaggio non tanto ai soliti stanchi sperimentalismi, ma allo sperimentare, al misurarsi con strumenti espressivi sempre diversi con un presente che a ogni passo chiede di essere riconosciuto e forse (ri)pensato.
Non è casuale quindi che questo e il prossimo numero della rivista, il 4 e il 5, siano dedicati alle cosmogonie contemporanee, alla nostra capacità di costruire mondi, di rinnovare racconti, di ripensare fondazioni, di sviluppare visioni del mondo. La prima domanda che proponiamo, appoggiandosi su un banale gioco di parole, cosmogonie o cosmoagonie?, mette in questione proprio le capacità cosmogoniche della nostra cultura, o della nostra civiltà: i nostri racconti, le nostre visioni, le nostre riflessioni interrogano o immaginano un mondo, o piuttosto si sforzano di smontare quello che hanno ereditato, si impegnano a dimostrare che il nostro universo non tiene, o semplicemente non sanno creare né distruggere niente? E la scienza, la tecnologia dei nostri giorni stanno validando un’idea di cosmo che ormai ci è stato dato, o sono forse la principale agenzia di poiesis, di invenzione, produzione di mondi e visioni del mondo? E cosa succede quando le spinte creative del pensiero incontrano strumenti e tecnologie tanto disponibili da far credere di cancellare i limiti del mondo e dei mondi? Cosa, quando le crescenti spinte entropiche e antropiche da fine del mondo si incrociano senza conflitto con i nuovi numerosissimi umanesimi tecnologici? E infine, quello che un tempo era lo spazio dell’utopia si esaurisce nello sviluppo della tecnica, o delle tecniche di mercato, oppure c’è ancora spazio per costruire mondi altri?
Domande che come sempre abbiamo deciso di porre direttamente a studiosi e artisti, chiedendo a ognuno di dare, con la propria sensibilità e il proprio linguaggio, la propria risposta. L’ambizione è che tutti insieme finiscano per essere una reale risposta al dubbio principale che sottostà al groviglio che teniamo in mano: se cioè siamo ancora in grado di configurarci una visione del mondo, di raccontarla, di scriverla, di disegnarla, di confrontarci con le sue forme, o se la nostra unidimensionale visione del mondo non ha bisogno di essere raccontata, se già sta nelle cose, se già è implicita in ogni oggetto, bene, merce che scambiamo. In fin dei conti, delle cosmogonie abbiamo bisogno, o possiamo farne facilmente a meno? I racconti e le fondazioni ci sono necessari, o sono facilmente sostituiti dalla realtà integrale del mondo che è già nostro?
Buona lettura, buon ascolto, buona visione.
il booktrailer