L'introduzione dei curatori
Il fenomeno della pandemia mondiale ha fortemente influenzato i processi di ricezione, produzione e studio del suono, così come di molti altri fattori in forte connessione tanto sul piano fisiologico quanto su quello dei tratti esperienziali e relazionali degli individui. L’esplosione dell’emergenza sanitaria Covid-19 ha causato – specie durante la sua “prima ondata”, nelle fasi di lockdown condivise da molti paesi nel mondo – una forte ricaduta sul paesaggio sonoro dei luoghi di vita e di lavoro: se da un lato si è assistito a una radicale riduzione dell’inquinamento acustico, fattore che ha contribuito all’inserimento prepotente del tema del silenzio nel dibattito artistico e culturale, dall’altro lato i vari gradi di lockdown hanno generato nuovi ambienti sonori e la possibilità di godere di esperienze d’ascolto inedite. Allo stesso tempo, il trasferimento online di molte attività ha trasformato la quotidianità delle persone, consacrando la rete come ambiente privilegiato sia per la fruizione di musica, sia, in alcuni casi, per la sua produzione: dai concerti “domestici” proposti in live streaming, alle registrazioni ambientali raccolte in una molteplicità di mappe sonore, fino a progetti creativi che hanno considerato queste modalità di trasmissione come inserite nello stesso processo poietico.
Per discutere dei molti aspetti di riflessione scaturiti in tale contesto, nell’autunno del 2020, frutto della collaborazione tra il Dipartimento SAGAS dell’Università di Firenze e il centro di ricerca, produzione e didattica musicale Tempo Reale, si è tenuta online la conferenza internazionale “Sounds of the Pandemic”[1]. Il convegno – e di conseguenza anche molti degli interventi che trovano spazio in questo volume – mirava a favorire il confronto di riflessioni sul suono al tempo della pandemia e sui processi di trasformazione che hanno caratterizzato gli ambienti e le espressioni in cui il suono è protagonista.
I temi emersi da “Sounds of the Pandemic”, che raccolgono alcune delle istanze più cogenti del panorama artistico e scientifico internazionale, sono alquanto diversificati e stimolanti: dalle recenti ricerche nel campo dei soundscape studies alle nuove frontiere della psicoacustica, dal diffondersi delle pratiche di field recording alla costituzione di nuovi archivi sonori, dalle indagini etnomusicologiche più attuali fino alla formalizzazione di nuovi paradigmi per la teoria del suono e della sua fruizione. Differenti tipi culturali di “socialità sonora” (dall’Italia all’India, dalla Cina alla Polonia, dalla Repubblica Ceca alla Grecia, solo per citarne alcuni) si incontrano e si confrontano grazie alla rete, conducendo a una pluralità di approcci alla ricezione e alla progettazione del suono, in e post-pandemia. In tutte le tematiche fin qui tratteggiate sembra delinearsi una prospettiva comune, verso una riflessione profonda non solo sul presente ma anche sulle eventuali conseguenze di questi anni pandemici, ovvero su come essi possano influenzare il futuro della ricerca artistica, sociale e scientifica. L’urgenza di pratiche di “attivazione” degli archivi sonori, la valorizzazione e la consapevolezza del fenomeno del silenzio, l’aggiornamento di metodi di studio e di ricerca parallelamente allo sviluppo di nuove tecniche di creazione nell’arte sonora, sempre più connessa a mezzi di trasmissione e condivisione sociale in rapida evoluzione: sono questi solo alcuni degli obiettivi messi a fuoco nel dibattito internazionale da studiosi e artisti che si sono confrontati con l’inattesa emergenza pandemica.
Il volume Suono bene comune segue alcuni di questi possibili sentieri e, attraverso una raccolta di saggi anche molto diversi tra loro ma tematicamente articolati, affronta il passaggio che traghetta l’idea di suono “emergenziale” – quello scaturito appunto dalla pandemia – verso una prospettiva più a lungo termine, che vede il suono che ci circonda come protagonista di un processo di interesse e valorizzazione, sia come elemento sensoriale che come fattore espressivo, tanto da poterlo categorizzare come “bene comune”, ovvero oggetto e campo esperienziale da preservare, difendere, indagare.
La struttura del volume vuole articolare i saggi attraverso due grandi sezioni, Riflessioni e Esperienze e progetti: esse organizzano al loro interno temi e approcci, in modo da restituire la trasversalità e la pervasività (anche non specifica) dell’argomento trattato. Il tema del “suono come bene comune” è introdotto e affrontato dal saggio di apertura di Francesco Remotti, antropologo di grande competenza e prestigio, che inaugura anche le Riflessioni. Tale sezione – in equilibrio tra l’estetica, la filosofia, la riflessione sull’importanza del suono nella storia umana e l’attenta analisi di politiche e iniziative istituzionali mirate alla sua valorizzazione – accoglie saggi di altri studiosi più giovani che da una prospettiva ecologica (Neulichedl) e archivistico-documentale (Lopez e Liotard) ragionano sul concetto di suono come bene comune, sia nella sua applicazione in ambito educativo, sia nel contributo alla definizione di un ruolo attivo degli archivi sonori. Una nuova consapevolezza, legata a una crescente attenzione alla sfera auditiva, condivisa dalle considerazioni di Cavallaro e dalla prospettiva atmosferologica adottata da Di Croce.
Inseriti nel quadro temporale e spaziale descritto dalla pandemia sono i contributi di Esperienze e Progetti. Introdotti e contestualizzati dal contributo di Giomi – che approfondisce il tema del silenzio a partire dalle principali riflessioni teoriche sull’argomento per poi giungere alle sue applicazioni in esperienze pratiche e partecipative –, gli altri saggi spaziano da sperimentazioni di carattere compositivo sui suoni ambientali raccolti durante la pandemia (Gavazza) all’estensione esperienziale verso la dimensione digitale (Gozzi), dalla progettazione di “mappe sonore” per sviluppare pratiche di cittadinanza attiva (Battistini) fino a indagini che, grazie anche a campagne di field recording e di somministrazione di sondaggi, restituiscono un’immagine di luoghi del vissuto individuale e collettivo densa, significativa e degna di attenzione. Dagli approcci sociologici volti a comprendere l’impatto di una Urbino deserta sulla comunità degli studenti che la popolano (Calanchi, Corsi, Klaver, Russo) ai sistemi quantitativi più vicini alle scienze fisico-matematiche per indagare il nuovo paesaggio sonoro di una Roma inedita (Tedeschini Lalli), si avverte l’importanza primaria della dimensione “tattile” del suono, in preminenza rispetto a una visività posta significativamente – durante il lockdown – in piano subordinato. Nella prospettiva di un possibile riconoscimento del suono come bene fondamentale e peculiare delle attività umane si inserisce anche l’indagine sul soundscape dello Scoppio del Carro a Firenze (Dicuonzo, Palma, Peroni, Sarno), cerimonia che in tempo di pandemia ha subito un drastico mutamento.
Attraverso la molteplicità delle prospettive raccolte, il volume prova dunque a restituire un insieme diversificato di punti di vista da cui osservare la realtà sonora, in cui oggi siamo immersi, interrogandosi sulle sue ricadute in termini di benessere individuale e collettivo: questioni che, soprattutto alla luce della pandemia, vanno ad aggiungere nuovi strati di significazione al dominio del suono contribuendo a configurarlo sempre più efficacemente come bene comune.
[1] https://soundsofthepandemic.wordpress.com/; (rilevamento: 20 agosto 2021).