L'uomo con il Nagra, dal saggio di Walter Brunetto
Nato nel 1912 a Casale Monferrato, ove trascorse parte dell’infanzia, era figlio di un professore di Lettere e rabbino di Casale Monferrato, ma nato a Modena, cresciuto a Firenze, giunto a Casale nel 1910 e sposo della figlia del rabbino di Torino nel 1911; il padre assunse posizioni sioniste nel 1917 e si trasferì a Trieste e Gorizia, ove morì nel 1923 per i postumi di un incidente automobilistico. La madre mise a frutto la propria conoscenza del tedesco e divenne insegnante, trasferendosi in varie sedi, tra cui Gorizia, Ravenna, Livorno e Torino.
Leo Levi, quindi, negli anni della formazione ebbe modo di approfondire lo studio della lingua, del pensiero e della letteratura ebraica presso vari rabbini e maestri di importanti comunità ebraiche italiane, subendo in particolare l’influenza di Alfonso Pacifici. Già nella primissima giovinezza, inoltre, emerge un tratto biografico particolarissimo di Leo Levi: la scarsa stanzialità nei luoghi e un continuo peregrinare che, con il passare degli anni, oltrepassò sia i confini nazionali che quelli continentali, dapprima per fuggire dallo stato fascista, poi per realizzare, con coerente impegno intellettuale e materiale, la propria idea di sionismo e per registrare una quantità impressionante di musiche di tradizione orale.
.Queste, infatti, al di là degli affetti familiari, che in parte fu costretto a sacrificare – in quegli anni si sposò con Linda Valabrega, da cui ebbe cinque figli e con cui emigrò in Palestina – furono le direttrici fondamentali della sua vita, alla perenne ricerca di una difficile, se non impossibile, sintesi. (…) A causa degli attriti col regime fascista dovette interrompere gli studi di glottologia e storia della musica presso l’università di Torino, allontanandosi dall’Italia, ove comunque si laureò in Scienze agrarie, a Bologna, nel 1936. In particolare dovette sospendere il progetto di raccogliere i canti tradizionali e liturgici delle Comunità ebraiche, che dovevano costituire la sostanza della sua seconda tesi di laurea.
La sua formazione comprese successivamente, tra il 1937 e il 1950, i corsi di sociologia delle religioni, esegesi biblica, musicologia, etnologia, discipline storiche e linguistiche, presso la Hebrew University di Gerusalemme e di paleografia musicale a Cremona, al termine della Seconda guerra mondiale. Rimasto in Palestina sino al termine di quel conflitto, svolse diverse attività lavorative, anche in un “Kibbutz” ove si occupò di frutticultura e di allevamento, mentre successivamente svolse le mansioni di insegnante, direttore e ispettore scolastico; in questa veste frequentò gli insediamenti dei nuovi immigrati ebrei dai paesi dell’oriente islamico o fu inviato ad organizzare le scuole ebraiche in Iran e in Italia. Anche a causa di questi spostamenti ebbe modo di riprendere il vecchio progetto di raccogliere e studiare le musiche delle Comunità ebraiche italiane. L’occasione si concretizzò nella prima metà degli anni ’50, in seguito ad un incontro con Nataletti che Levi, in un articolo del 1955, pubblicato nel 1957, definisce “pressoché casuale”, ma che presto produsse le sinergie necessarie per effettuare la prima importante campagna di registrazioni di musica ebraica italiana, quella del 1954.
Finalmente Levi ebbe la possibilità di dare corso all’opera, grazie al contributo economico e tecnico del Centro Nazionale Studi di Musica Popolare e della RAI. Si apriva così un importante e sino ad allora poco considerato campo di studi per l’etnomusicologia, di cui Levi si considerò il promotore. Dopo aver pianificato gli incontri e concordato le date per le sedute di registrazione presso gli studi della RAI, nei mesi di febbraio e marzo del 1954 fu registrata una sostanziosa tornata di musica tradizionale ebraica delle Comunità ebraiche italiane: furono registrati i repertori delle Comunità di Ancona, Gorizia, Torino, Milano, Casale Monferrato, Moncalvo, Venezia, Padova, Pitigliano, Firenze, Ferrara, Roma, Genova e Alessandria.
Il febbraio del 1954, quindi, segna l’inizio della parte fondamentale, almeno per la prospettiva degli studi etnomusicologici, del lavoro di Leo Levi, che da quel momento proseguì un’infaticabile opera di registrazione, a scopo documentario e comparativo, marcata soprattutto dall’urgenza di salvaguardare dall’oblio le musiche liturgiche di tradizione orale. Già le registrazioni italiane del 1954, infatti, eseguite dopo il dramma della Seconda guerra mondiale, testimoniano non più di una viva tradizione, ma dei ricordi individuali di una tradizione perduta. L’opera, intrapresa nel 1954, continuò nel 1956 e, in parte, negli anni successivi fino al 1961, con le registrazioni riguardanti le Comunità di Venezia, Ferrara, Verona, Trieste, Ancona, Torino, Pitigliano, Livorno, Firenze, Milano, Casale Monferrato, Siena, Reggio Emilia e Mantova.
In tutto si tratta di quasi 1.100 registrazioni di canti sinagogali o di liturgia domestica appartenenti a diverse Comunità e scholae cantorum, grazie alle quali sono state conosciute le numerose e mai documentate tradizioni musicali delle Comunità ebraiche italiane. Il modello metodologico affinato da Levi nella prima campagna italiana fu da questi adottato anche nelle esperienze successive di ricerca sul campo, indirizzate alla collezione di canti di diverse Comunità ebraiche europee. Tra queste, vi furono quelle di Corfù, Salonicco, Larissa, Yoannina, nella Calcide, in Grecia, di Bayonne e Marsiglia, in Francia, di Istambul, in Turchia, di Sofia, in Bulgaria, Amsterdam, in Olanda, Budapest, in Ungheria, di Praga, in Cecoslovacchia; a queste si sommano registrazioni di territori al di fuori dell’Europa, come l’Etiopia, di cui sono documentati canti dei Falasha.
Nel giro di meno di otto anni, quindi, Leo Levi riuscì nell’intento di raccogliere un patrimonio stimabile in circa duemila documenti sonori riguardanti, principalmente, le tradizioni liturgiche sinagogali e domestiche ebraiche, mentre poca attenzione fu dedicata a musiche liturgiche di tradizione orale delle Chiese cristiane orientali. Tale situazione si invertì nel 1962-63, quando fu istituito, per iniziativa di Leo Levi e di Giorgio Nataletti, il Centro Internazionale di Musica Tradizionale Liturgica, organo parallelo al CNSMP e ubicato nella medesima sede, cioè in Via Vittoria, a Roma, nei locali dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Gli scopi del CIMTL sono evidenziati da Leo Levi nel saggio di apertura degli Atti del convegno sulla musica tradizionale liturgica organizzato nel maggio del 1963. Il testo evidenzia, oltre all’aspetto “interreligionale” del Centro, la necessità di raccogliere “gli appassionati richiami di Giovanni XXIII e ancor prima, di Pio XII, nella Enciclica Musicae Sacrae Disciplina ove il Sommo Pontefice auspicava un approfondito studio delle antiche tradizioni musicali dei riti orientali e altresì delle antiche origini ebraiche della Musica Cristiana”. Sono di questi anni una serie di raccolte di musiche liturgiche appartenenti alle diverse Chiese e ritualità cristiane, in massima parte, ma non solo, orientali. L’impulso alla raccolta non fu dettato solo dalle ragioni dell’antropologia d’urgenza ma, ancora una volta, dalla necessità che Levi avvertì di operare una sintesi, parola chiave della personalità dello studioso. L’intento comparativo da compiersi su una vasta base documentaria costituisce l’altro motivo dell’enorme profusione di energie prodotta da Leo Levi, sia con la finalità di contribuire alla riflessione sul rapporto tra il canto ebraico e quello cristiano, sia in un trasparente coinvolgimento determinato dalle aperture ecumeniche del pontificato di Giovanni XXIII.
Al Convegno del CIMTL del maggio 1963 seguì la realizzazione di diverse raccolte attualmente custodite dagli Archivi di Etnomusicologia. Anche in occasione delle ricognizioni di musica tradizionale liturgica furono raccolte diverse centinaia di canti, ma è impossibile, allo stato, dare conto in maniera esatta della loro quantità in termini di singoli documenti sonori, in quanto è ancora in corso l’opera di digitalizzazione e catalogazione dei materiali.
Nel 1964 Levi cede a titolo oneroso alla Hebrew University di Gerusalemme la propria copia delle registrazioni effettuate negli anni precedenti e lì, ottenuto il titolo di Research-Fellow in Jewish Musicology, lavora in qualità di ricercatore-docente dal 1963 al 1971. Per quel che riguarda la vita privata, nel 1967 perde la moglie a causa di un incidente automobilistico avvenuto nel corso di un viaggio alla volta di Qumran. Leo Levi non era presente al momento dell’incidente. Nella seconda metà degli anni ’60 la Discoteca di Stato italiana – ora Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi, ufficio facente capo al Ministero per i Beni e le Attività Culturali – cominciò a contribuire al finanziamento delle attività di ricerca di Leo Levi, soprattutto acquistando in copia, e talvolta in originale, le bobine contenenti le registrazioni. La consulenza per l’approvazione degli acquisti era spesso effettuata da Diego Carpitella. In questo modo moltissime registrazioni realizzate tra il 1966 e il 1970, quasi tutte di musica tradizionale liturgica, sono entrate nel catalogo di quell’ente; insieme ad esse, anche la copia di alcune raccolte effettuate negli anni ’50 presso le Comunità ebraiche europee, già facenti parte del patrimonio del CIMTL.
In quegli anni ha quindi inizio la parabola discendente dei rapporti con Nataletti e il CNSMP. Nella seconda metà degli anni ’60, infatti, Levi realizza solo quattro raccolte in collaborazione con il CNSMP, tre riguardanti musica liturgica cristiana e una concernente musica delle Comunità ebraiche italiane, mentre cede alla Discoteca di Stato – o effettua per suo conto – circa settanta differenti raccolte, quasi tutte relative alla musica liturgica cristiana. Negli stessi anni Leo Levi continuò a dedicarsi alla registrazione di canti delle Comunità ebraiche, allargando il raggio delle ricognizioni nel bacino del Mediterraneo, Tunisi e Djerba, nello Yemen, nel Caucaso, nel Kerala (India), presso gli ebrei del Kurdistan, nella Georgia sovietica e in Armenia, ma si tratta di raccolte che non possono competere, dal punto di vista della quantità, con quelle interessanti le Chiese cristiane.
I rapporti di Levi con il CNSMP e Nataletti attraversarono una fase di particolare criticità nel 1968, quando il Consiglio Nazionale delle Ricerche approvò un progetto di ricerca dello studioso, finalizzato alla ricognizione del repertorio tradizionale liturgico delle Comunità siriache; la responsabilità scientifica della ricerca era affidata a Leo Levi, ma la gestione economica delle operazioni fu attribuita al CNSMP, nella persona di Giorgio Nataletti. La qualità dei rapporti, a quanto emerge dal carteggio, subì un’ulteriore flessione. Nel 1968 Leo Levi allargò ulteriormente il campo delle proprie ricerche, registrando le modalità di cantillazione e di “musica liturgica” presso ritualità e religioni non riferibili alla sfera greco-giudaica, quali quelle Shinto, buddhiste, vediche.
Seppur in maniera meno intensa degli anni precedenti, i rapporti con il CNSMP e la Discoteca di Stato continuarono ad andare avanti e le ultime raccolte di Leo Levi custodite dai due enti sono, rispettivamente, una registrazione effettuata a Gerusalemme, alla chiesa del Santo Sepolcro nella Pasqua del 1970, e alcune registrazioni effettuate in Val d’Aosta nel 1971. L’anno successivo, approfittando della circostanza che la docenza affidata a Leo Levi da parte dell’Università di Genova lo avrebbe costretto a trattenersi per un lungo periodo sul suolo italiano, la Discoteca di Stato, dietro parere favorevole di Diego Carpitella, gli richiese di provvedere alla redazione di un catalogo sistematico delle sue registrazioni ivi depositate. Dal carteggio esaminato non risulta che tale iniziativa sia stata del tutto portata a compimento. Leo Levi venne meno a Gerusalemme, nel 1982.