Nadia Rondello
Antonio Simon Mossa
In distribuzione a settembre, ora solo sul nostro sito a 18 euro invece di 22
Gli anni della formazione
2025, € 22
Formato 15x21, pp. 272, con 34 immagini a colori
in offerta con il 15% di sconto
Intellettuale versato in molteplici campi espressivi, dalla letteratura alla pittura, dall’architettura alla poesia, nonché ideologo ed esponente di spicco dell’autonomismo e indipendentismo sardo, Antonio Simon Mossa ha coltivato, fin dall’infanzia, un grande interesse per il cinema e, negli anni della sua formazione universitaria, si è cimentato dapprima come critico cinematografico e poi come soggettista, sceneggiatore e regista, lavorando, a volte anche in collaborazione con altri documentaristi come Fiorenzo Serra, alla realizzazione di cinegiornali e film sperimentali e di soggetti e sceneggiature.
Una precoce ma prolungata esperienza nel mondo del cinema, la sua, finora mai emersa negli studi dedicati alla sua complessa e articolata attività, che Nadia Rondello ha ricostruito per la prima volta attraverso un rigoroso scavo in migliaia di carte originali e inedite dell’autore che, tra diari, lettere, soggetti, sceneggiature, bozzetti, note di regia e di montaggio, fotografie di scena e un manuale di critica cinematografica, sono ora conservate presso la Cineteca Sarda Società Umanitaria.
Dalla Prefazione di Alessandra Sento
La storia del protagonista di questo saggio racconta quell’equilibrio instabile che ogni isolano ha vissuto almeno una volta. L’attaccamento viscerale alla terra e il desiderio di sentirsi parte del resto del mondo. L’attrazione fatale per il progresso e la modernità, senza dimenticare da dove si è partiti. La necessità di andare oltre il mare, lasciando il cuore indietro.
Sentimenti in bilico, sogni giovanili, passioni interrotte ed esperienze fortunate di un ragazzo, Antonio Simon Mossa, agitato dalla passione travolgente per il cinematografo che, in quegli anni, stava contagiando un’intera generazione.
Gli eredi hanno affidato alla Cineteca Sarda la custodia del suo patrimonio culturale: pellicole, bozzetti, taccuini, appunti di viaggio, note di regia, epistolari. Materiali ricchissimi, e assolutamente inediti, che ci hanno permesso di riscrivere una pagina importante della nostra storia del cinema, colmando quel vuoto di memoria che rischiava di produrre un vuoto di senso.
Come racconta Nadia Rondello, con il rigore di un’entomologa e l’affezione di un’amica d’infanzia, più volte la sua vita rincorre e si confonde con quella di altri due sardi illustri, Fiorenzo Serra e Arturo Usai, compagni dello stesso viaggio oltre l’isola. Autori, non soli, di un cinema che sentirà il dovere di raccontare la propria terra “da dentro”, oltre la rappresentazione esotica o folkloristica che “lo sguardo degli altri” ne aveva dato fino a quel momento. Lo immaginano, lo scrivono, lo disegnano e, i più fortunati, lo faranno davvero.
Antonio è un intellettuale funambolico. Ama perdutamente il cinema, sintesi perfetta tra arte e spettacolo, fin dagli anni universitari a Firenze, dove studia architettura. Spettatore onnivoro, ci va quasi ogni giorno. Lo annota puntualmente nel suo diario del 1935, fonte preziosa di questa ricerca. Eppure, la sua vivacità intellettuale, l’innatismo cinematografico e quella specie di preveggenza che gli renderà onore e fortuna nelle molte cose che verranno, non basteranno a realizzare “la sua passione infiammabile”. Fiorenzo, la sua, la scopre ancora liceale, leggendo la rivista «Bianco e Nero». Per lui, “spirito raffinato che non si negava alla fantasia”, come lo definirà affettuosamente l’amico di sempre, Manlio Brigaglia, il cinema è un atto d’amore per la sua isola, di cui racconta bellezza e contraddizioni. Arturo, medico di formazione, emigrante che diventa viaggiatore, ne farà un mestiere quando raggiunge i fratelli in Brasile, dopo la Seconda guerra mondiale. In quel paese, che in quel periodo produceva un cinema grande quasi come quello americano, crocevia di razze e culture differenti, conoscerà le star di Hollywood e la democrazia.
I fondatori della nostra Cineteca, quasi sessant’anni fa, erano giovani e vibranti intellettuali come loro. Convinti che il mondo si potesse cambiare anche partendo dal cinema, si chiedevano come questo linguaggio stesse plasmando l’immagine della Sardegna per i sardi e per il mondo, e come il nostro pubblico si stesse trasformando attraverso ciò che stava raccontando il grande schermo. Mossi dal bisogno di trovare e difendere la propria identità, con l’idea lucida di una Cineteca della Sardegna e non di una Cineteca in Sardegna, ma altrettanto consapevoli che, per chi abita un’isola, costruire relazioni, avviare un dialogo con le altre realtà oltremare doveva essere un esercizio necessario.
Quel gruppo credeva nella circolazione libera e sociale del cinema, nel suo valore pedagogico, nella sua capacità di incidere sulla realtà. Pensava ad una Cineteca pubblica, regionale e gratuita, più attenta ai processi che ai prodotti, guidata da una finalità che non fosse solo di tipo conservativo. Una Cineteca che mettesse il pubblico al centro di tutto. Prima ancora della storia del cinema. Prima ancora dei film.
Quell’idea, ferma e contagiosa, è ancora il nostro “mantra”. Grazie al mandato fiduciario della Regione Sardegna, la Società Umanitaria conserva e diffonde il proprio patrimonio attraverso un’intensa e costante attività di studio e di ricerca. Sostiene e incoraggia la nostra giovane cinematografia. Continua a collaborare con gli Archivi nazionali e internazionali.
Questa pubblicazione, pertanto, non è solo una nuova preziosa occasione di valorizzazione dell’Archivio che si aggiunge a quelle che l’hanno preceduta, ai percorsi espositivi allestiti per tutta l’isola e all’attività convegnistica che li ha generati.
Questa pubblicazione è segno della longevità di una lezione che arriva da lontano, da un passato mai diventato una terra straniera.
Esito meritorio di un percorso d’indagine lungo e complesso che la ricercatrice ha tracciato con cura e com-passione, amando i suoi personaggi, ma senza mai perdere l’oggettività dello sguardo, questo libro è prima di tutto una storia, come quelle che il cinema racconta.
Chi ama il cinema, ama le storie. Al pubblico, quindi, doveva tornare.
Il volume segna anche l'avvio di una nuova collana e di un'altra collaborazione istituzionale di cui siamo fieri, vale a dire i "Quaderni della Cineteca Sarda Società Umanitaria" e sarà presentato, in anteprima nazionale, al Festival di Alghero, "Cinema delle Terre di Mare", con interventi di Paolo Serra e Alessandra Sento (Società Umanitaria Sardegna), Pietro Simon (Archivio Simon Mossa), Davide Deiana (Presidente Sezione Sardegna dell’AIB) e, ovviamente, Nadia Rondello
PhD in Culture, Letterature, Turismo e Territorio presso l’Università degli Studi di Sassari, Nadia Rondello lavora nel settore dell’audiovisivo al Centro Servizi Culturali Alghero della Società Umanitaria e ha all’attivo saggi su figure e momenti emblematici del cinema italiano.