Dall'introduzione di Sergio Secondiano Sacchi
Per vari motivi, il quarto libro della collana I libri del Club Tenco nasce all’insegna dell’estensione, non fosse altro perché la genesi risale a una domenica di sei anni fa, il 2 marzo 2014. Quella sera era in programma al Teatre Joventut di Hospitalet de Llobregat, un sobborgo barcellonese di 250.000 abitanti, il recital di Joan Isaac Cançons d’amor i d’anarquia, che avevo scritto e curato partendo da un input di Pere Camps, patron del Festival Barnasants che ne aveva poi organizzato l’allestimento in collaborazione con Cose di Amilcare, la costola locale del Club Tenco. Uno spettacolo documentato in seguito da un omonimo doppio cd edito dalla Picap e da un film di Carlos Benpar, entrato nella cinquina dei Premi Goya e poi presentato anche a Parigi. Si trattava, in realtà, di una rappresentazione dal respiro collettivo cui partecipavano sette cantanti e di un ballerino. Il nome di Joan Isaac figurava evidenziato in cartellone per due motivi: per elementari leggi dello spettacolo che puntano sul nome di un artista famoso come traino di pubblico e stampa, e perché Pere Camps aveva voluto fare coincidere la data della rappresentazione con il quarantesimo anniversario dell’esecuzione dell’anarchico catalano Salvador Puig Antich, la cui memoria è stata mantenuta viva, in tutto questo periodo, proprio dalla canzone di Joan A Margalida. L’emozione che serpeggiava nel teatro stracolmo ha dato ragione a chi ha creduto nell’iniziativa, ripetuta in seguito a Manresa e a Barcellona.
Sergio Staino, presente in sala, se ne è talmente innamorato da volerla proporre anche in Italia. E così ne è nata una versione nella nostra lingua (anche se, in realtà, a essere una traduzione era l’originale versione catalana) che ha comportato alcune modifiche nel repertorio, un innesto di artisti e di musicisti nostrani, alcuni cambi idiomatici e di arrangiamenti. E questo per ragioni del tutto evidenti: la Spagna, paese di grandi tradizioni anarchiste, non ha partecipato alla grande Guerra e le cupe nebbie del lungo periodo franchista hanno rese indistinte, là come qua, la trasmissione e il reperimento delle notizie. In Spagna si ignora la strage di piazza Fontana esattamente come, da noi, è ignota l’attività clandestina dei maquis, i resistente armati.
Staino ha proposto l’iniziativa ad Alessio Gramolati, segretario della CGIL toscana, che l’ha accolta con entusiasmo mettendola in programma in occasione del Primo Maggio . L’allestimento italiano è andato in scena all’Obihall di Firenze e, in considerazione del successo ottenuto, creando un fil rouge e noir in grado di unire Barcellona con un’altra patria dell’anarchismo, è stato replicato l’anno seguente a Carrara, sempre in occasione della Festa dei Lavoratori. Qui lo spettacolo è stato allestito in extremis al Carrarafiere, dopo che una pioggia torrenziale aveva impedito che si svolgesse, come da programma, nello scenario suggestivo di una cava dismessa. In un curioso contrasto ambientale lo spettacolo è stato rappresentato anche al teatro del Casino di Sanremo, durante una due giorno dedicata alle attività di Cose di Amilcare.
Ora il fedele e immancabile supporto di Sergio Staino mi dà la possibilità di fornire ulteriori impulsi al progetto con un libro-cd che, pur proponendo registrazioni proveniente da tutte e sei la rappresentazioni, costituisce il reportage fedele dello spettacolo italiano. Alternando racconti e immagini, parole e miti, anche il libro è un’estensione: dello spettacolo, perché i flash introduttivi di ogni brano, affidati sulla scena alle musiche della Scraps Orchestra e alla documentazione audiovisiva, vengono qui sostituiti da un’articolata narrazione storica. Fedeli al titolo dello spettacolo italiano Storie e amori d’anarchie, le pagine raccontano, a volte con dovizia di particolari, le vicende storiche e umane che stanno dietro alle canzoni. E soprattutto gli amori per una causa che è al contempo fede assoluta: l’Anarchia. Se ingiustizie e volontà di riscatto spingono alla lotta e all’odio di classe, è solo l’amore per un ideale che permette a tante persone di mettere in gioco perfino la propria esistenza, a volte sacrificandola.
Ma il modello di Anarchia idealizzato non è mai univoco e cambia a seconda delle diverse situazioni. C’è quello barricadero e catartico del Canto della Rivolta che esalta il sovvertimento sociale e il relativo scontro armato nelle strade. Insomma: la Rivoluzione. E c’è quella conflittuale dell’Industrial Workers of The World, organizzazione sindacale nordamericana ferocemente contraria alla sempiterna lotta tra ultimi e penultimi e quindi nemica dei sindacati di categoría tradizionali, tesi al sacrificio dei nuovi immigrati e della gente di colore sull’altare di un patriziato operaio anglofono. C’è l’illegalismo vitalistico di Buenaventura Durruti e dei Solidarios, disposti a svaligiare banche per finanziare iniziative e organizzazioni libertarie, e quello tragico e sanguinario dei membri della banda Bonnot che, in nome del più esasperato individualismo, fanno le stesse operazioni, ma per se stessi, finendo così per mischiarsi alla delinquenza comune. C’è l’anarchismo organizzato, predicato da Malatesta e teso alla sollevazione di massa, che si contrapone con veemenza a quello solitario che predica il gesto dimostrativo. C’è il terrorismo indiscriminato contro un simbolo astratto, come quello del macchinista di Guccini che si lancia verso “un treno pieno di signori”, e quello mirato di Simon Radowitzky contro l’odiatissimo colonnello Falcón, responsable della dure represssioni nei confronti di scioperi e manifestazioni. Ci sono anarchici uccisi e altri che, a loro volta, sparano: contro l’esercito nell’epopea della Comune di Parigi o contro i comunisti durante le giornate di maggio del ’37 a Barcellona. E poi le illusioni adrenaliniche di breve respiro del Sessantotto parigino e la fiamma dell’Utopia che non va mai spenta.
Le ventuno storie che compongono il libro tessono le narrazioni di persone famose e di umili comprimari, ci fanno rivivere l’odissea di Pietro Gori permettendoci, però, di conoscere anche i gli anonimi compagni espulsi insieme a lui dalla Confederazione Svizzera. Raccontano la via crucis di Sacco e Vanzetti e il martirio di Giuseppe Pinelli, che mai sarà lecito dimenticare, o l’indomabile volontà di personaggi come Buenaventura Durruti o Joe Hill, entrati di prepotenza nella mitologia rivoluzionaria. Ma ci illustrano realtà non molto conosciute, seppure vitali, come quella dell’anarchismo argentino che ha saputo offrire a decine di migliaia di ignoti militanti una prospettiva di cambiamento delle loro misere condizioni di vita, oppure raffigurano gli intrecciati lasciti della Grande guerra che non stanno solo in canzoni come Gorizia tu sei maledetta o La chanson de Craonne, ma che prendono corpo e memoria nelle ferite di soldati e civili, nelle miserie disseminate dentro strade e case, nella Rivoluzione bolscevica che cambia la storia di un secolo, nella fine dell’anarco-sindacalismo statunitense e nelle nascite di fascismo e nazismo che condurranno alla sconfitta, in terra di Spagna, di vari eserciti, tutti composti da uomini combattenti e da illusioni mai dome.
Sono, insomma, ventuno storie d’amore. Per tanti tipi di possibili anarchie.