L'introduzione di Andrea Liberovici
Renzo Piano: “il suono nelle calli di notte è un suono che solo a Venezia succede… non so perché, in fondo dovrebbe succedere anche a Genova perché ci sono i vicoli ma invece no“
Andrea Liberovici: “Adesso dico un’eresia: non può esser che accada perché Venezia è costruita su pali di legno?“
Renzo Piano: “no, no non è un’eresia… è il principio della casas armonica…“
RAI - Radio3 Suite
Recentemente ho avuto la fortuna di intrattenere un dialogo con Renzo Piano in occasione di una trasmissione radiofonica, che ho realizzato per Radio3, dedicata a Venezia e intitolata, non a caso, Venezia Acustica.
Il dialogo con l’architetto, sull’acustica veneziana, mi ha fatto tornare alla mente un gioco che facevo da ragazzino (sono cresciuto a Venezia e ci sono tornato a vivere recentemente). Il gioco conteneva sia un rischio che una rivelazione, perché consisteva nel camminare ad occhi chiusi per le calli veneziane. Il rischio era, ovviamente, quello di cadere in un canale ma la rivelazione, canale permettendo, era quella di ritrovare i suoni del mio apparente e personale silenzio. I suoni del respiro, del battito cardiaco se correvo, dei passi, della custodia traballante del mio violino, e ritrovarli non come “suoni solitari“ ma in relazione profonda, proprio come in una sorta di polifonia, con tutte le altre voci e suoni della città.
Perché Venezia, prima ancora d’essere una città consumata dallo sguardo, era ed è, a mio parere, un grandissimo strumento musicale. Muoversi al suo interno, forse grazie alle palafitte in legno che la sorreggono, è come muoversi nella pancia di un gigantesco violoncello. Proprio lì, vicinissimi a quella zona che, negli strumenti ad arco, viene chiamata anima in quanto generatrice delle vibrazioni acustiche dello strumento medesimo. E credo sia proprio il suono o materiale leggero, come lo chiama Renzo Piano, di questa città il segreto invisibile che modifica radicalmente la percezione del tempo.
Chiunque arrivi a Venezia dopo un viaggio sa che dovrà fare i conti, prima ancora che con la bellezza visibile, con un gigantesco jet-lag temporale prodotto dalle rifrazioni lente e dilatate dei suoni che, consapevole o meno, lo costringeranno per induzione a rallentare il proprio modo di camminare, di respirare, di osservare. Questa inusuale percezione del tempo, tipica dell’arte acustica, è quindi causa di un effetto tanto semplice quanto apparentemente irraggiungibile in questo periodo storico: risvegliare l’attitudine all’ascolto.
Scrivere cartoline acustiche
Riflettendo sul formato e sul dispositivo da utilizzare per trasformare queste riflessioni in musica e poesia, ho pensato a questo inizio di millennio non facile per le relazioni sociali e alle nuove forme digitali di corrispondenza breve, selfie… che hanno sostituito, un esempio fra i tanti, le cartoline con francobolli del millennio scorso. La cosa che mi ha colpito, in questa sostituzione, è che non c’è stata soltanto un’evoluzione tecnologica del mezzo ma anche della sua funzione. La funzione delle cartoline era quella di “corrispondere“, di farti sapere in modo sintetico, giusto per fare un esempio, che pur da lontano ti penso attraverso un consolidato abbinamento immagine/scrittura diametralmente opposto alla funzione del selfie che è quella di far conoscere, a un ipotetico “tutti“ (quindi nessuno?), l’immagine migliore del mio autoritratto.
Non penso più a come stai (senza di me?) o a comunicarti come sto (senza di te), anche perché non ho minimamente idea di chi tu sia, ma penso soltanto a come mi vedrai e, soprattutto, se mi vedrai. Il soggetto che, trasformandosi in oggetto, diventa sostanzialmente muto. Evoluzione o involuzione?
Libretto per suoni
“L’orecchio capta i suoni e li trasmette alla corteccia cerebrale, che è capace di produrre un’immagine mentale dell’oggetto sonoro“
Jeanne-Pierre Changeux - neurobiologo
Edoardo Sanguineti, con cui ho avuto la fortuna di collaborare come compositore per molti anni, aveva coniato per la mia musica una definizione a cui tengo molto: anarchia ben temperata. L’anarchia ben temperata di questi suoni veneziani, a cui mi sono ispirato e su cui ho lavorato musicalmente, mi ha portato a scrivere questa prima raccolta. Mi sono quindi ispirato al formato essenziale della cartolina di cartone novecentesca traducendola però in un formato intermedio e temporale attraverso la sostituzione della coppia novecentesca immagine-parole con la consolidata coppia suoni-poesie. Come un libretto d’opera, mi auguro che questo libretto per suoni possa far immaginare la musica per cui è stato scritto con un vantaggio: tutti conoscono i suoni di Venezia, sia chi l’ha frequentata sia chi l’ha immaginata. L’auspicio è che questa lettura possa essere un buon ascolto.