2020, € 15 formato 14x14, 28 pagine con dipinti di Chiara Rapaccini
A tre anni di distanza da Canti, ballate e ipocondrie d’ammore (Targa Tenco come miglior album in dialetto), Canio Loguercio ritorna con un progetto del tutto nuovo, sottraendosi alle confortevoli liturgie delle riconferme per continuare a muoversi al di fuori da ogni schema, seguendo il filo di una fertile quanto cangiante ispirazione.
Intesi come piccoli oggetti d’affezione, ripescati negli scaffali della memoria o composti per l’occasione, dieci brani animano tutto un mondo interiore che si nutre di immagini e suggestioni impalpabili che lievitano fino a diventare espressione di stati d’animo più estesi e condivisi, là dove i sentimenti personali sono sovrastati dall’irrompere di tragedie collettive, poco importa se di ieri o di oggi.
Un disco intimo e nostalgico, dunque, ma proiettato in avanti, oltre il baratro che minaccia di inghiottirci, oltre quell’assurda sospensione d’animo in cui siamo tutti precipitati. E se in questo presente altro non resta che prepararsi al meglio, forse conviene farlo in buona compagnia come quella che popola questo disco, da Andrea Satta a Badara Seck, da Flo a Monica Demuru, da Giovanna Famulari a Brunella Selo. A fil’e voce e con tanta passione.
Musicista, poeta e performer, lucano di nascita e napoletano d'adozione, Canio Loguercio è autore di progetti “crossover”, all’incrocio tra canzone d’autore, poesia e teatro. Già Targa Tenco con Canti, ballate e ipocondrie d'ammore e finalista a diverse edizioni del Premio Recanati , ha pubblicato sei album e ideato numerosi progetti musicali e promosso diverse iniziative interculturali. Per Squilibri ha pubblicato anche Miserere
Pop ma colto, avanguardia situazionista e citazionista ma senza chiudersi nella torre eburnea dell'incomprensibilità: per cantare versi come «ho imparato ormai come ci si prende cura del dolore e come si fa a custodire lacrime e paure» serve una leggerezza che faccia da contraltare (...) Un disco inatteso, anche per gli estimatori di Canio Loguercio, e, forse anche per questo, ancor più meritevole di attenzione. Non sono solo le solite canzonette Federico Vacalebre, Il Mattino
Dieci brani, tra inediti e speciali rivisitazioni, per un lavoro molto intimista di questo artista che, sulle ali della nostaligia, lancia infine un messaggio di positività e ottimismo (...) Un sound ricco e articolato in cui gli strumenti dialogano tra loro impreziosendo testi poetici in italiano e in napoletano Rita Sparano, Cronache di Napoli
Auspici la poesia, la musica e quel pensiero immaginifico che dai canyon lucani si è fatto strada fino alle pietre dell'Urbe, la materia sentimentale di Canio Loguercio, pastiche e lingua usata a sua volta come uno strumento, dialoga con questo nostro inatteso presente Natascia Festa, Corriere del mezzogiorno
Un viaggio nella cultura musicale della sua generazione ma che inevitabilmente paga un tributo anche alla tradizione partenopea, da sempre venerata e studiata dal 65enne cantautore lucano Antonio Tricomi, Repubblica-Napoli
Con il timbro e la voce che ha, splendidamente sussurrata e “strascicata”, Canio Loguercio potrebbe anche tranquillamente limitarsi a leggere l’elenco del telefono e tirarci fuori un disco comunque interessante. (...) il cantautore lucano, napoletano d’adozione, riesce a concepire sempre roba interessante e coraggiosa, supportato –al solito- dalle impeccabili confezioni della Squilibri Editore Walter De Stradis, Controsenso
Un album bello e intenso, come tutto il percorso artistico di Loguercio, diverso da quello di altri autori e interpreti, proprio perché radicato nella tradizione e cresciuto nella contemporaneità. E, come dice il titolo dell’album, pronto a guardare avanti anche con un po’ di speranza Ernesto Assante, Repubblica.it
Raccontando un all stars variegato, tra novità, cover leggere e classici della canzone napoletana, pescati nel fondo della memoria e trasformati con elettronica povera, rumoristica, minimalismo, nel segno di una estrema originalità coniugando parole filtrate, sussurrate, roche e il canto di numerose preziose collaboratrici Flaviano De Luca, Il Manifesto
Schegge del passato, rivissute con straordinaria sensibilità, canzoni della tradizione napoletana ci conducono in un presente dove per forza di cose, grazie alla bellezza, è saggio prepararsi al meglio Ugo Bacci, L'eco di Bergamo
Ci stiamo preparando al meglio è un lavoro prezioso (...) pubblicato da Squilibri Editore (:::) che passo dopo passo, produzione dopo produzione, sta diventato sempre più un riferimento per la musica e la canzone di qualità in Italia. Amore, nostalgia, intimità, distanza, ipocondria, radici, speranza. È bella, davvero bella e varia, la “confusione” di Canio Loguercio Leonardo Pascucci, L'isola che non c'era
un inno alla gioia, scritto per scacciare i fantasmi, per esorcizzare il dolore, per ridare colore a un cielo grigio piombo. Un manifesto programmatico che si sviluppa attraverso canzoni in chiaroscuro, prese per mano da una voce scartavetrata (il paragone con l’ultimo Leonard Cohen non è per nulla azzardato) che saltella tra elettronica gentile, certezze acustiche, tra una tromba vivace e una orgogliosa napoletanità Giuseppe Catani, Rockit
È un disco che guadagna potenza con ascolti ripetuti, solo così si esaltano e si scoprono le sfumature degli arrangiamenti, le sonorità molto discrete ma per nulla rinunciatarie, il canto originalissimo di Canio che una volta ho definito “irresistibilmente sgangherato” Michele Neri, Vinile
Interessante connubio tra una mai celata devozione alla tradizione ed un crooning intimo e vagamente oscuro che prende le distanze dai più riconoscibili canoni interpretativi del folklore partenopeo (...) Canzoni-simbolo, quasi un messaggio che fa dell’universalità la propria ragion d’essere, inno alla speranza capace di suggellare con personalità un disco sincero e vissuto Manuel Maverna, MusicMap
Loguercio è artista alla Franco Battiato, indagatore di suoni e indipendente in tutto, su di lui è impossibile apporre un'etichetta. Unica certezza: confeziona con scrupolo album magistrali. Lo era il precedente, "Canti, ballate e ipocondrie d'ammore", lo è l'ultimo, uscito da poco, in cui ritroviamo ancora tanta Napoli della lingua e della canzone Mimmo Mastrangelo, Il quotidiano del Sud
Tutto il disco è un quadro appassionato di una preziosa forma d’arte, la canzone, che in questo lavoro inquadra, nell’assoluta originalità di un personaggio abbastanza unico nel nostro panorama cantautoriale attuale, il momento strano e imprevedibile che stiamo ancora vivendo, dentro di noi e nel rapporto con gli altri Sergio Spada, Strisciarossa
Il disco contiene inediti, riletture e cover di classici partenopei per i quali l’artista ha coinvolto molte voci a rappresentare una coralità di musica e sensibilità che disegnano un quadro umano pieno di colori Paola Maria Farina, WeblOg
Un disco che nelle scelte musicali e di contenuto fa riflettere, perché ci si può trovare l’intimità di tutti noi, la nostalgia, ma anche la speranza Riccardo Santangelo, My Urby
Pochissimo allineato anche Canio Loguercio che, in un disco necessario, ci offre la storia d'Italia e di Napoli in un contropelo saggio e ruvido Guido Festinese, Alias-Il Manifesto
Figura atipica, Canio Loguercio non risponde che in minima parte ai criteri del cantautore all'italiana. I suoi testi sono concreti, intessuti di quotidinianità e insieme spesso percorsi da un filo di salutare ironia. Per giunta le interpretazioni che ne dà rinunciano alla partecipazione emotiva, perseguendo un voluto distacco dalla materia Piercarlo Poggio, Blow Up
Core 'ngrato e Incontro (...) due gemme, ovviamente incorniciate da altre cose degne di nota, da In un punto lontano e Chissà cos'è, entrambe di Loguercio ed entrambe impreziosite dalla tromba opaca e fascinosa di Luca De Carlo, alla dialettale Luntano ammore, a tre firme e due voci, magistrale e suggestiva, e Mia cara madre, in cui le voci, cantate e parlate, in più idiomi, salgono addirittura a nove. Grande disco Alberto Bazzurro, MusicaJazz
Una brillante istantanea del suo immaginario musicale e del suo eclettico songwriting, un lavoro che riflette il suo peculiare approccio alla canzone con le radici ben salde nella tradizione ma lo sguardo rivolto verso la contemporaneità e il futuro Salvatore Esposito, Blogfoolk
Quella di Canio Loguercio è una voce del sottosuolo, che canta una musica teatrale, che viene dalla strada, sale dal profondo e racconta storie di cuori dilaniati, che godono in qualche modo del loro essere dilaniati, come vuole la migliore tradizione napoletana. Una musica ruvida, apparentemente poco lavorata, in cui resta miracolosamente intatto l’equilibrio fra l’ispirazione originaria, che fa sentire il suo venire dalla pancia, e i formati eleganti delle canzoni Federico Torre, Onda rock
Ogni brano sembra il punto di arrivo di una ricerca lunga e meditata, ogni canzone è, a mio modo di vedere, la prova di un talento originalissimo, fantasioso, capace di usare il colore scuro della voce come uno strumento ora teatrale, ora prettamente musicale, appoggiandosi all'altezza, ma mantenendo intatto il colore timbrico di un quasi parlato, musicalissimo, di un canto potente, ma che ha il terrore dell'urlato. L'enfasi è nei testi e nella musica, nel lavoro miratissimo degli arrangiamenti, e nel sostegno amorevole delle interpreti femminili che doppiano la voce di Loguercio Carlo Serra, Università della Calabria
Loguercio, con il supporto importante della tromba di Luca De Carlo, continua a proporci scaglie di anima graffiate via, intenzioni del profondo, fulmini che illuminano il buio, in un quinto ottimo lavoro, cui le molte voci femminili (citiamo anche Barbara Eramo, Badara Seck, Brunella Selo) offrono un contraltare lirico alla sua scura, recitante, quasi recalcitrante vocalità Raffaello Carabini, Spettakolo.it
Ci stiamo preparando al meglio, la canzone che ha dato il titolo all'album, l'ho votata anche io al Tenco ... avrebbe meritato di vincere, modestia a parte del buon Canio (...) Musicalmente superba, tra fiati e fiato, l'interpretazione, accanto a Canio, di Andrea Satta e Sara Jane Ceccarelli: superba, una canzone che racconta un'epoca, la nostra, tra false promesse e un futuro per niente roseo L'Alligatore, In palude
Tre anni fa Canio Loguercio fu “Targa Tenco” come miglior album in dialetto e anche quest’anno ottiene, nell’ambìta manifestazione, grandissimi elogi con questo nuovo progetto che lo vede rielaborare in modo originale e suggestivo materiale noto e nuove melodie, sempre di stampo cólto e intellettuale. Prosecutore partenopeo dell’ideale traccia del grande Iannacci - quest’ultimo medico e musicista e Loguercio architetto e musicista - si muove tra nostalgie e speranze il cui susseguirsi ritmico è sempre palpitante, proiettato in avanti come le danze sudamericane, lucente anche quando malinconico. Bellissimo il CD corredato dai dipinti di Chiara Rapaccini, la fotografia di Andrea Boccalini e altri artisti di spessore Anna Menichetti, RSI-Radiotelevisione Svizzera Italiana